Come disse il senatore francese Viktor Hugo, ‘L’orizzonte è la linea che sottolinea l’infinito. Nell’orizzonte dell’infinito dell’ampelografia varietale autoctona delle vitis italiane, vi è anche il Ruzzese, antichissima e rarissima varietà a bacca bianca ligure. Questa varietà continua a vivere sulle alte colline della provincia di La Spezia, affacciate su di un altro orizzonte, quello del Mar Ligure, con soli 1500 piante.
Ebbene si! solo 1500 piante! Barbatelle simbolo del presente e del futuro di questo secolare vitigno.
La storia
Il Ruzzese, dal termine dialettale ‘Ruzzese,’ ‘Racese,’ o ‘Razzese,’ ha una storia antichissima. Si sviluppò a partire dal VI secolo d.C. sulle coste liguri, soprattutto in quelle delle Cinque Terre e del Levante Ligure. Coltivato e prodotto interamente per la tipologia passito, fu da subito molto presente nelle proprietà dei coltivatori liguri, raggiungendo ben presto il mercato romano e facendosi notare nei luoghi più blasonati. Alla fine, arrivò all’ambitissima mensa papale nel Vaticano.
La storia narra che questo vino fece innamorare addirittura Papa Paolo III Farnese, in carica dal 1534 al 1549. Fu consigliato dal suo bottigliere (sommelier dell’epoca) Sante Lancerio, il quale considerava il Ruzzese uno dei migliori vini in Italia.
Grande splendore nella vita di questa varietà autoctona si ebbe anche nei quattro secoli successivi. In quel periodo, questo vino in Vaticano fu addirittura utilizzato come condimento ‘dolcificante’ nelle zuppe.
Poi, nei primi del 900’, come accadde per la maggior parte dei vitigni non a piede franco europei l’avvento della filossera provocò anche l’estinzione del Ruzzese.
Si avviò per esso un lungo periodo di scomparsa fino ai primi anni 2000, esattamente nel 2007. In quel periodo, la Regione Liguria, con il coinvolgimento del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Torino e dell’Istituto Nazionale di Protezione Sostenibile della Vite, grazie all’apporto tecnico del Prof. Mannini e della Prof.ssa Schneider, avviarono un progetto di ricerca sui vitigni autoctoni storici della Liguria. Durante le ricerche si imbatterono nel comune di Arcola dove ritrovarono una misteriosa pianta madre i quali studi genetici dimostrarono che si trattava proprio di quel Ruzzese.
Il Ruzzese della cantina Cà Du Ferrà
Questo vitigno, nonostante il rinvenimento degli studiosi, rimase però inutilizzato fino al 2015. In quell’anno, Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta, entrambi titolari della Cantina Cà du Ferrà, dopo aver partecipato a un convegno sulle varietà viticole autoctone liguri e aver scoperto la storia di questa varietà, interessati, decisero di reimpiantarne delle barbatelle nella loro tenuta a Bonassola, sulle dolci colline affacciate sul golfo ligure nella Provincia di La Spezia. Inizialmente ne reimpiantarono 77 barbatelle fino ad arrivare in cinque anni a (quelle!) 1500 con un impianto a pieno sole esposto a sud per favorire la sovrammaturazone degli acini. E dopo qualche anno, nel 2020, dalla loro cantina poterono finalmente far riprendere in Liguria (dopo più di un secolo di stop) la vinificazione di questa importantissima eccellenza enoica.
Ad oggi, i due imprenditori ne producono 500 bottiglie, rigorosamente nella versione passita, nel rispetto totale della tradizione e della storia di questa varietà. Il vino è commercializzato con un’etichetta denominata ‘diciassettemaggio,’ che ha valso loro, e in generale alla loro cantina, anche il conferimento del premio ‘Viticoltore Etico’ al Vinitaly 2022. Questo riconoscimento è stato ottenuto proprio per l’impegno e la dedizione con cui l’azienda di Bonassola sta riscoprendo e valorizzando il Ruzzese, ma anche per l’intenzione di investire altri sforzi nel ripetersi anche con altre antiche varietà autoctone liguri che stanno intendendo riscoprire.
Protezione e Valorizzazione del Ruzzese
E sempre grazie nuovamente e soprattutto al lavoro dei due imprenditori Davide e Giuseppe nel dicembre 2022 nasce a Bonassola anche la “Comunità Slow Food per la protezione e Valorizzazione del Ruzzese del Levante Ligure” facendo entrare così di conseguenza il Ruzzese a far parte del rinomatissimo circuito Slow Food.
Nelle sue caratteristiche morfologiche, questo vitigno presenta un germoglio ad apice aperto, ricoperto di abbondante tomento con orli rosati. Il tralcio erbaceo mostra un asse del germoglio interamente arrossato sul lato dorsale e striato di rosso su quello ventrale. La foglia è di dimensione orbicolare o da cuneiforme, mentre il grappolo è composto da acini medio-piccoli di forma ellissoidale, formando grappoli di medie dimensioni e di forma cilindrica allungata, frequentemente con una o due ali.