Facciamo un piccolo viaggio, andiamo a Barcellona per trovare il nostro caro amico Adriano Amorosi di Eurocivis e parlare con lui di vino in Spagna, ma anche di progetti in Europa.
Raccontarci qualcosa di te. Come mai ti trovi a Barcellona?
Sono arrivato qui nel 2010 perché dovevo chiudere il terzo anno del mio dottorato internazionale e avevo la possibilità, dopo gli Stati Uniti, di fare un periodo qui con una borsa di studio. Io sono un European project manager, cioè sono una persona che scrive i progetti per avere fondi dall‘Unione europea e sono stato subito contattato da una società che si occupa di progettazione europea. E poi come le caramelle, un progetto dopo l’altro e sono rimasto qui a Barcellona e sono tra i soci fondatori di Eurocivis, organizzazione catalana che si occupa di progettazione e gestione di fondi europei. La mission di Eurocivis è l’identità comune europea. Quindi la ricerca di un’identità comune tra tutti quanti noi europei.
“Identità comune europea”: avete trovato un comune denominatore?
Certo, ci sono tanti punti in comune. Ad esempio la “ratafia” si chiama ratafia in Abruzzo, si chiama ratafià in Grecia e ratafìa più sull’accento sulla i anche qui anche in Catalogna, anche se la ricetta è un po’ differente. Abbiamo scritto un progetto su questo, sul quale stiamo lavorando. Si chiama Off Road, che è un acronimo che sta per “Flavour Food Road” e che sarebbe una ricostruzione delle identità culturali legate al cibo in Europa, perché ci sono tanti elementi nel settore della gastronomia che accomunano popoli apparentemente molto distanti da noi. Anche la lingua, ovviamente, e i diversi idiomi che troviamo in Europa rappresentano un’identità comune europea, che alla fine è un po’ la voglia, la caparbietà di chi vuole costruire un’Europa dei popoli. Però questo non significa annullare le diversità, ma anzi, bisogna fare leva sulle diversità per creare la reale forza dell’Europa.
Quali sono le zone della Spagna eccellenti che conosci nel mondo del vino, considerando la tua grande passione per questo settore?
Nella parte più a nord della Catalogna, sotto i Pirenei, troviamo un’ottima zona in fortissima crescita sia per quanto riguarda la produzione che per quanto riguarda la qualità dei vini. Il progetto in corso si basa sulla costruzione di una piattaforma unica che sappia valorizzare quei vitigni che hanno origine in zone con pietra vulcanica come questa, dove c’è un’ottima produzione di vini bianchi. Un po’ quello che troviamo anche a Lanzarote, alle Canarie. Un’isola completamente vulcanica dove piccoli vitigni vengono protetti da conche scavate nella roccia creando, oltre a un vino molto buono, di qualità, anche un particolare impatto visivo.
Però ovviamente la parte del leone in Spagna la fa la “Rioja”, una regione territorialmente più piccola, ma con la più alta produzione di vino, oltre ad essere la più affermata a livello internazionale. Il Rioja è un vino che oramai ha un marchio consolidato non soltanto in Spagna, dove è considerato il migliore, ma anche a livello internazionale. Il secondo brand più forte, che troviamo nelle carte dei vini di tutti i ristoranti è il Ribera del Duero.
Poi abbiamo i vini delle isole e le produzioni della regione Murcia, chiamata anche “l’orto d’Europa” per via delle tante serre disseminate sul territorio.
E poi abbiamo i vini catalani, che sono fondamentalmente di due regioni: il Penedès, che è la regione con più storia, dove c’è anche il Museo del Vino a Villafranca del Penedès con un vino già affermato e consolidato sul mercato nazionale e internazionale. E invece l’ultima, ma comunque con una storia, però l’ultima in termini di porzione di mercato che è riuscita a conquistare con un mercato importante ma solo recente, mentre è appunto il vino di l’Empordà, sotto i Pirenei. La distorsione nelle mappe geografiche ci porta a vedere la Catalogna con un triangolino e invece è una regione tra le più grandi oltre ad essere la più popolosa, con i suoi quasi 8 milioni di abitanti.
Il cava, invece, è l’equivalente dello champagne o dello spumante metodo classico e qui troviamo cantine molto particolari, come quelle di San Esteban, un paese dell’entroterra dove i bunker della guerra civile, dove si nascondevano i partigiani, oggi vengono utilizzati dalle aziende vinicole per la lavorazione del Cava. Proprio al centro del Paese si trova SasRoviras-Sant Esteve, la cantina che sembra uscita da un film perché tramite una scaletta verticale si scende nel tunnel che gira sotto la città e ci si ritrova circondati dalla storia e da bottiglie di Cava.
Hai parlato di Museo del vino, è un driver del turismo enogastronomico?
La Spagna è un Paese dove il turismo è il primo settore e anche avere un museo del vino importante in una zona conta tantissimo. Ma la cosa importante è che in Spagna se chiami il Museo per avere informazioni, ti dicono anche dove puoi andare a fare degustazioni del vino, chiamano loro le cantine per te, te le fanno vedere su internet, ti danno tutta una serie di consigli su come muoverti sul territorio. Questa è una chiave turistica: mettere insieme tutti i soggetti protagonisti di questa filiera, fino al bar che sta di fronte al museo.
Ci sono delle opportunità a livello europeo e come possono fare le aziende di Eurocivis per accedere ai progetti?
Ce ne sono tantissime, sia a livello europeo che a livello nazionale come il Pnrr. Purtroppo non è facile ed è per questo che nascono professionalità come le nostre, come quelle di Eurocivis. A me piace creare nuovi progetti, però non conta solo la creatività. Il mio lavoro da un lato è capire quello che manca e tradurlo in proposte progettuali, ma c’è anche una parte tecnica dura che l’Unione europea impone. Bisogna conoscere i programmi, le direttive e le decisioni prese all’interno dei vari contesti europei. E poi bisogna conoscere gli applicativi, cioè tutta la parte tecnica e quindi, ovviamente, non ci si può improvvisare.