“Il turismo enogastronomico è una leva strategica di sostenibilità. Contribuisce ad accrescere l’attrattività della destinazione e la reputazione delle produzioni locali, crea ricchezza diffusa e nuove opportunità per le filiere del turismo e dell’agricoltura, sostiene processi di riscoperta, tutela e valorizzazione del patrimonio enogastronomico, aumenta la qualità e la sicurezza del cibo favorendo un approccio carbon neutral“.
Con queste parole Roberta Garibaldi, esperta di enoturismo a livello internazionale, crea l’incipit del Rapporto Turismo Gastronomico e Sostenibilità 2023, realizzato con i contributi anche dei maggiori esperti di settore nazionali e internazionali. E la sostenibilità è oggi un elemento centrale nel turismo. La crescente attenzione e il dibattito che si è generato attorno al tema hanno stimolato destinazioni e operatori ad interessarsi e costruire prodotti e servizi coerenti, soprattutto in risposta a una domanda sempre più sensibile ed esigente.
Cosa si evince da questo rapporto? Come è cambiata la domanda del turista enogastronomico in base alla ricerca?
Sicuramente c’è una grandissima ricerca sulla sostenibilità, che diventa driver di scelta sia della destinazione che delle experience, e quindi una sostenibilità tanto ambientale, quanto sociale. Tutti questi elementi ormai sono imprescindibili per l’impresa, per le aziende, per le destinazioni e devono assolutamente essere ricompresi nella strutturazione dell’offerta turistica. Quindi durante i percorsi di enoturismo sottolineare che l’azienda è sostenibile favorisce la scelta da parte del turista.
Ma soprattutto, bisogna far sì che le aziende arrivino a pensare a una sostenibilità a tutto tondo. Questa sostenibilità non deve riguardare solo la parte produttiva, ma anche quella turistica. Si tratta di focalizzare tutti gli sforzi e gli esperimenti di sostenibilità nell’ambito del percorso enoturistico. E perché non arrivare a una certificazione di sostenibilità anche di questa parte che sarebbe molto apprezzata dall’ambiente, dalla sostenibilità in generale e anche dal turista?
Il turismo enogastronomico è una leva strategica per la sostenibilità o al contrario è la sostenibilità ad essere la leva strategica per il turismo enogastronomico?
Sicuramente la sostenibilità è una leva di scelta e quindi è un’opportunità da questo punto di vista per il turismo enogastronomico. Ma al tempo stesso, la valorizzazione di quest’ultimo è una forte opportunità per tutto il settore turistico, perchè è sostenibile per intero. Riesce, per esempio, a riequilibrare i flussi tra urbano e rurale e quindi a portare un maggior numero di persone dai luoghi in overtourism alle aree interne. Inoltre possiamo pensare di preservare il patrimonio enogastronomico come le ricetteo i piccoli artigiani del gusto, in difficoltà per il passaggio generazionale. Ma il turismo enogastronomico è anche una grande opportunità educativa, portando verso una buona e sana alimentazione i turisti intesi come coloro che si approcciano alle esperienze enogastronomiche.
E’ possibile delineare l’identikit del turista enogastronomico di oggi?
Dopo un anno di crescita importante del turismo, dovuto all’effetto che abbiamo chiamato revenge tourism, ossia la grande voglia di tornare a viaggiare, si è creata una situazione critica. Da una parte, c’è la minore disponibilità economica dei cittadini a causa dell’aumento dell’inflazione, e dall’altra, si è verificato un aumento significativo dei costi sia per la parte ricettiva che per la parte dei voli aerei. Questo ha fatto si che una fascia di popolazione non ha viaggiato nel mese di agosto. Un fatto che caratterizza la situazione europea, come in Spagna, dove c’è stato un meno 5% di turismo domestico, in Inghilterra… quindi è una situazione abbastanza diffusa. Diciamo che la prima considerazione è che esiste un dualismo tra il turista internazionale, alto splendente, che sceglie di fare viaggi internazionali e una fascia di popolazione che invece sceglie di viaggiare non nel mese di agosto oppure di fare escursioni giornaliere.
Quindi per le aziende del settore del vino l’attenzione al turismo di prossimità diventa una leva importante. Anche il modello americano valorizza da molto tempo i Wine Club e tutti i servizi per le persone che sono del territorio, così come in Spagna, dove è molto sviluppato da molti anni questo tipo di attività collegata alle cantine.
Restando nel panorama europeo quanto incidono la ristorazione e la ricettività quando si parla di enoturismo?
La tendenza a livello internazionale è di organizzare le hospitality houses, ovvero le sedi centrali di tutte le aziende che producono vino e spirits. Questo avviene in modo molto cool, con design, integrando le sale degustazioni e l’ospitalità con la ristorazione e con la parte ricettiva. Sempre più sta crescendo questo sviluppo integrato che porta anche a entrate economiche diversificate. A livello internazionale è una tendenza evidente, come dimostra ad esmepio Airbnb, che ha aperto la sezione di camere con vista sul vigneto e ha registrato una crescita molto significativa in questi anni. All’estero tematizzano un po’ di più rispetto a quello che facciamo in Italia, nel senso di caratterizzare sul tema vino le strutture ricettive che sono immerse nei vigneti o che hanno vista sui vigneti.
Cosa vuol dire caratterizzare?
Fare in modo che il vino entri anche all’interno delle camere o dell’ambiente dell’hotel. Il portachiavi della camera fatto con il tappo di sughero è solo un esempio, oppure mi vengono in mente degli alberghi a Bordeaux dove l’acqua è nella bottiglietta di plastica, ma questa ha la forma della bottiglia di vino. Quindi spingere un po’ di più sulla tematizzazione è qualcosa che al turista piace.
I musei del vino possono essere un traino per aumentare la conoscenza del territorio e trainare l’enoturismo?
Sicuramente sì. In Francia, ad esempio, è stata creata la prima città della gastronomia a Lione, seguita dalla città del vino a Bordeaux. Nel giro di pochi anni avremo una città della gastronomia a Parigi. Quindi, la tendenza è creare grandi hub che integrino spazi museali con sale conferenze, degustazioni, percorsi di vario tipo e così via. Questo modello si osserva in molteplici paesi, come nel caso del World of Wine a Porto. Riguardo la Francia cito anche piccoli tre musei del vino aperti durante il covid in Borgogna e due nello Champagne. Quindi, che siano grandi hub a livello nazionale e internazionale, piuttosto che hub più locali nelle zone vitivinicole. Questo si sta molto sviluppando ed è una formula anche molto efficace per riuscire a fare quel lavoro di edutainment di cui abbiamo parlato. Inoltre, è un modo per favorire la prenotazione delle experience e il trasporto verso le aree limitrofe.
Su quali leve si deve puntare per convincere un enoturista estero a visitare l’Italia e scoprire anche aree meno conosciute?
Sicuramente fare azione di sistema per valorizzare il vino italiano in Cina. E’ qualcosa di estremamente importante per far conoscere maggiormente i nostri prodotti, la nostra cultura e la ricchezza dei nostri territori. All’estero fanno un pochino più di squadra rispetto a noi, ad esempio il futuro Museo del Vino della Cina sarà fatto con la Città del Vino di Bordeaux. Ecco, questa è un’altra azione che stanno facendo gli amici francesi, che dopo aver creato questi grandi centri che diventano centri espositivi. Ma anche di educazione e di ricerca, diventano poi anche occasione per promuovere le stesse realtà a livello internazionale.
Roberta Garibaldi è docente di Tourism Management presso l’università degli studi di Bergamo, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico e vicepresidente della Commissione turismo dell’Ocse-Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Ricopre numerose cariche a livello internazionale e nazionale, tra cui ambasciatore della World Food Travel Association, membro del Board of Advisor presso World Gastronomy Institute e del Consiglio di presidenza della Sistur-società italiana di scienze del turismo.
E’ keynote speaker di principali eventi internazionali sul tema del turismo, tra cui i forum mondiali dell’UNWTO-Organizzazione Mondiale del Turismo e il World Economic Forum di Davos.