
I vini low e no alcol dividono opinioni e prospettive, ma rappresentano una realtà in rapida crescita. Da un lato, molti vedono un’enorme opportunità commerciale, dall’altro alcuni considerano improprio definirli “vini”. Tuttavia, il comparto delle bevande analcoliche e a bassa gradazione alcolica continua a espandersi. Nel 2022, questo mercato ha generato un’economia globale di 22 miliardi di dollari, con una crescita annuale stimata del 7% nei prossimi cinque anni. ProWein, una delle più importanti fiere internazionali del settore, ha dedicato uno spazio esclusivo a questa categoria nell’ultima edizione, riconoscendo il crescente interesse da parte degli operatori del settore.
Secondo il “ProWein Business Report 2022”, il 33% degli operatori prevede ottime performance per i vini low alcol, mentre il 24% scommette sul successo dei vini no alcol. In particolare, i mercati più ricettivi includono il Regno Unito, l’Olanda e i Paesi Scandinavi, mentre l’entusiasmo è più moderato in Stati Uniti e Svizzera.
Fattori di successo nei mercati internazionali
Le differenze tra i mercati sono significative. Nel Regno Unito, i vini no alcol raccolgono il 53% dei consensi, grazie anche a una fiscalità favorevole che esenta questi prodotti da tasse alcoliche. Per i vini low alcol, il consenso sale al 67% tra gli operatori britannici. Al contrario, negli Stati Uniti, solo il 20% degli operatori guarda con favore a questa categoria.
Le tipologie di vini low e no alcol più promettenti includono i bianchi, per cui il 73% degli operatori internazionali prevede buone performance nel 2023. Seguono gli sparkling (58%), i rosé (37%) e i rossi (27%). Tuttavia, ogni categoria presenta sfide specifiche: ad esempio, mentre la riduzione dell’alcol nei bianchi e negli sparkling può essere compensata da innovazioni sensoriali, nei vini rossi l’equilibrio dei tannini rappresenta una sfida più complessa.
Produzione e limiti tecnologici
La produzione di vini low e no alcol richiede tecnologie avanzate e costose, non accessibili a tutte le aziende. La riduzione del contenuto alcolico avviene attraverso processi tecnologici come la distillazione sotto vuoto o l’osmosi inversa, che comportano investimenti significativi. Di conseguenza, molte aziende produttrici rimangono riluttanti a entrare in questo mercato. Secondo il report ProWein, solo il 10% dei produttori pianifica di introdurre un vino low alcol, e appena il 3% sta considerando un vino no alcol.
Tuttavia, la sperimentazione rimane una costante, e l’innovazione tecnologica si dimostra cruciale. Alcuni produttori stanno cercando soluzioni più accessibili, intervenendo sugli aspetti agronomici ed enologici per ridurre gradualmente il contenuto alcolico, una strategia che risponde anche agli effetti del cambiamento climatico.
Un mercato in continua evoluzione
L’interesse del trade per i vini low e no alcol cresce, ma con approcci diversi. Ad esempio, il 16% degli operatori è pronto a inserire queste referenze nel proprio portafoglio, con percentuali che aumentano nei mercati più ottimisti, come Stati Uniti e Regno Unito. Tuttavia, in Italia, l’interesse rimane limitato, con appena il 10% degli operatori intenzionati a trattare vini low alcol.
Nonostante le sfide, i vini low e no alcol offrono un’opportunità per attrarre nuovi consumatori, soprattutto nelle fasce più giovani e nei mercati più sensibili alle questioni legate alla salute. Il settore è ancora in evoluzione, ma il futuro promette di essere ricco di innovazioni e cambiamenti, guidati dall’equilibrio tra tecnologia, sostenibilità e adattamento alle richieste dei consumatori.