Il vino è storia, cultura e territorio. Ogni bottiglia racconta un viaggio che parte dalla terra e arriva nel bicchiere, portando con sé secoli di tradizione. Ma cosa succede quando alcune delle viti che hanno scritto la storia della viticoltura rischiano di scomparire? I produttori biodinamici Demeter hanno raccolto questa sfida: recuperare i “vitigni dimenticati”, varietà autoctone spesso cadute nell’oblio ma fondamentali per preservare la biodiversità e l’identità del vino italiano.

Il recupero dei vitigni dimenticati: una sfida culturale e ambientale
L’Emilia-Romagna è uno dei territori in cui questa missione è particolarmente sentita. Qui, nell’ambito delle Comunità biodinamiche regionali, il recupero delle antiche vigne non è solo una questione agronomica, ma un atto culturale. La Slow Wine Fair ha recentemente ospitato un incontro sul tema, organizzato da Demeter Italia e moderato dall’enologo e viticoltore biodinamico Michele Lorenzetti. Al centro del dibattito, il ruolo chiave dei viticoltori nel riscoprire e valorizzare il patrimonio vitivinicolo italiano.
Biodiversità e sostenibilità: la forza dei vitigni dimenticati
Secondo Francesco Bordini, agronomo e vignaiolo biodinamico di Villa Papiano (Modigliana, FC), le vigne pre-fillossera sono autentiche “Arche di Noè” per la conservazione del germoplasma locale. “Dalla crisi della fillossera, avvenuta oltre un secolo fa, molte varietà sono andate perdute. Recuperarle oggi significa creare vigneti più stabili, resistenti ai cambiamenti climatici e in grado di dare vini più complessi”.
Un tempo, la viticoltura italiana era caratterizzata da blend spontanei: vitigni come Trebbiano, Ciliegiolo o Negretto venivano coltivati insieme, garantendo un equilibrio naturale nel vino. “Molte di queste uve – spiega Bordini – sono state accantonate per la loro bassa resa alcolica, ma oggi si rivelano preziose per produrre vini meno alcolici senza bisogno di interventi artificiali. Inoltre, essendo adattate al loro habitat naturale, richiedono meno trattamenti, contribuendo a una viticoltura più sostenibile”.
Un legame profondo con il territorio e la tradizione vinicola

Danila Mongardi, vignaiola dell’azienda agricola “Al di là del Fiume” di Marzabotto (BO), racconta come l’area bolognese contasse, nell’Ottocento, oltre 80 varietà autoctone, molte delle quali scomparse a causa della fillossera. “Recuperare questi vitigni – spiega – significa ridare voce alla nostra storia e alle nostre radici contadine. L’Albana e la Barbera erano centrali nella viticoltura locale, ma anche ecotipi minori come Montuni, Aglionza e Sciaslà giocavano un ruolo importante nel carattere dei vini del territorio”.
Il recupero dei vitigni dimenticati: un’opportunità economica e un valore per il mercato del vino
Oltre all’aspetto culturale e ambientale, il recupero dei vitigni autoctoni può avere un impatto positivo anche dal punto di vista economico. Paride Benedetti, agronomo e vignaiolo di Tenuta Santa Lucia (Mercato Saraceno, FC), sottolinea che le varietà locali rappresentano un’opportunità di differenziazione sul mercato del vino. “Un vitigno autoctono non ha concorrenza. Portarlo all’estero significa proporre un prodotto unico, con una forte identità territoriale e un valore distintivo”. Un esempio concreto è il recupero del “Famoso”, un’antica varietà a bacca bianca del Cesenate, che dopo anni di oblio è tornata a essere protagonista nei vigneti grazie al lavoro di viticoltori attenti alla tradizione.
Viticoltura biodinamica: un modello per il futuro

Il recupero delle varietà autoctone non è solo una scelta agronomica, ma un atto di tutela del territorio e della sua cultura. La viticoltura biodinamica, con la sua filosofia orientata al rispetto della terra e alla riduzione dell’intervento umano, rappresenta un modello di resilienza e sostenibilità per il futuro.
Giovanni Buccheri, Direttore di Demeter Italia, sintetizza così questa visione: “Il terroir è fatto di uomini. Conservare le varietà autoctone significa custodire la nostra storia, il nostro paesaggio e la nostra cultura. La viticoltura biodinamica non è solo un metodo agricolo, ma una visione olistica che ci permette di valorizzare al meglio le caratteristiche uniche dei nostri vitigni”.
Nel mondo del vino, guardare al futuro significa anche riscoprire il passato. E i vignaioli biodinamici Demeter stanno dimostrando che le viti dimenticate possono tornare a raccontare la loro storia, nel segno della biodiversità e della sostenibilità.