Nel vasto universo delle bollicine, il metodo ancestrale si erge come unico precursore di ogni successiva tecnica di spumantizzazione, la cui storia è intrisa di gusto e tradizione.
L’origine della spumantizzazione: leggende e storia documentata
L’origine “consapevole” della spumantizzazione è di difficile individuazione, anche se la leggenda più nota narra di un certo Dom Pierre Pérignon, monaco benedettino dell’abbazia di Hautvillers, nel dipartimento della Marna, al nord-est della Francia, che nel 1670, nel tentativo di vinificare vini fermi, fu artefice di una rifermentazione in bottiglia, ovvero una spumantizzazione naturale che oggi chiameremmo “ancestrale”.
Questo evento, che si presume sia effettivamente accaduto, evidenzia la non intenzionalità del monaco di voler produrre vini frizzanti e assume un’aura quasi leggendaria, in quanto non supportato da alcuna documentazione scritta.
Storia ben diversa è invece quella del dottor Francisci (Francesco) Scacchi di Fabriano, che nel 1622 in un suo libro intitolato “DE SALVBRI POTV DISSERTATIO” (dissertazione sul bere sano) descrisse in modo minuzioso e particolareggiato il procedimento da seguire per rendere “piccante” (sinonimo antico di effervescenza) un vino fermo, anticipando di quasi mezzo secolo gli esperimenti del monaco Pérignon.
I Tre Principali Metodi di Spumantizzazione
Metodo Classico
Il primo è il Metodo classico, sicuramente il più conosciuto e amato nel mondo, il procedimento che dà vita allo champagne, si basa sulla rifermentazione in bottiglia di un vino base bianco, spesso una miscela di uve selezionate. È il procedimento dal quale provengono gli spumanti più prestigiosi e apprezzati, vini di alta qualità, dall’aroma complesso, con bollicine fini e persistenti.
Metodo Martinotti-Charmat
Il secondo è il metodo Martinotti-Charmat, un procedimento che non prevede la rifermentazione in bottiglia in quanto il vino base viene fermentato in grandi contenitori chiamati autoclavi, insieme a lieviti e zuccheri. La durata tipica del procedimento è di 2/3 mesi, anche se esiste una procedura “lunga”, i cui tempi di attesa in autoclave possono prevedere una permanenza di almeno 6-9 mesi.
Metodo Ancestrale
Il terzo metodo, sicuramente il più antico e naturale dei tre è il metodo ancestrale o tradizionale, nel quale è prevista una rifermentazione in bottiglia, ma del tutto naturale e che utilizza gli stessi lieviti indigeni utilizzati nella vinificazione del vino base; si interromperà la spumantizzazione semplicemente abbassando la temperatura, per poi rialzarla una volta imbottigliato.
Caratteristiche dei Tre Metodi
Ognuno di questi metodi genera spumanti con caratteristiche diverse: Il metodo classico produce vini solitamente complessi e di buon corpo, il Martinotti-Charmat dà vita a spumanti leggeri, freschi e profumati come il prosecco, mentre il metodo ancestrale crea vini non filtrati, del tutto naturali e con una tipica velatura, generata da sedimenti che arricchiscono il vino di aromi fruttati, intensi, agrumati, di panificazione e tipicità.
Ogni metodo ha la sua storia e contribuisce alla magnifica varietà di spumanti presenti sul mercato.
Il Fascino del Metodo Ancestrale
Un procedimento naturale che raggiunge ottimi livelli di eccellenza pur rispettando la tradizione più autentica.
Il metodo ancestrale, noto anche come “méthode rurale” o “méthode artisanale”, trova le sue origini nei secoli passati, un’arte tramandata attraverso generazioni, con radici che si fondono con il terroir e la maestria dei vignaioli di epoche lontane.
Il Procedimento del Metodo Ancestrale
A differenza di altri metodi sofisticati, il procedimento ancestrale, ovvero la naturale rifermentazione in bottiglia, celebra l’originalità: i produttori pigiano delicatamente le uve per estrarre i lieviti autoctoni dalle bucce degli acini (dalla pruina) e poi fermentano il mosto, generalmente in acciaio e a temperature controllate.
Successivamente, rallentano la fermentazione fino a bloccarla, semplicemente abbassando la temperatura al di sotto dei 10 gradi, ma mantengono un’adeguata quantità di zuccheri e lieviti per poterla far ripartire una volta rialzata la temperatura.
Imbottigliano e tappano il vino appena prodotto senza aggiungere ulteriori lieviti o zuccheri, e la fermentazione riprende naturalmente all’aumento della temperatura, dando vita a nuove bollicine del tutto naturali.
Ciò che rende unico il vino prodotto con il metodo ancestrale è la sua riluttanza a uniformarsi agli altri spumanti; infatti, i produttori non eliminano i residui di fermentazione (sboccatura) né effettuano la filtrazione, considerando i sedimenti parte integrante del vino, una caratteristica imprescindibile che trasmette emozioni uniche al degustatore.
Modalità di Servizio
A tal riguardo, il servizio di un vino ancestrale potrà essere effettuato in due modi: versandolo lentamente per lasciare nel calice del degustatore una modesta quantità di residui, permettendogli anche di apprezzare un’accettabile limpidezza o capovolgendo la bottiglia – anche nel cestello del ghiaccio – cercando di far andare in circolo più sedimenti possibile, proprio per esaltare al massimo l’intensità delle caratteristiche del vitigno, oltre alla maggiore complessità organolettica da lui stesso generata.
Il metodo ancestrale crea vini che non sono per tutti i gusti, non tutti sanno apprezzare le eccellenti sfumature che è in grado di offrire, nonostante la sua raffinata semplicità ed è questo il motivo per il quale è poco richiesto. Un vino dall’incredibile personalità che sfida il passare del tempo, uno spumante diverso dagli altri, creato con passione e maestria, dove la tradizione è percepibile a ogni sorso.