Sì, perché questa varietà sembrava completamente scomparsa dalla storia ampelografica, viticola ed enologica italiana e mondiale, apparentemente invisibile e introvabile. Tuttavia, è stato l’amore incondizionato per il proprio mestiere e per la propria terra, unito a una buona dose di studio e conoscenza, che ha permesso alla squadra formata dalla storica cantina todina Zàzzera di riportare alla luce questo antico vitigno umbro e di donargli un futuro radioso e sicuro. La “squadra di recupero”, composta dai fratelli Fabiano e Beatrice con la madre Fiorella Zazzera, insieme al loro enologo Alessandro Carletto, si è avvalsa della fondamentale collaborazione del Professor Alberto Palliotti del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia.
Le origini storiche del Grero
Grazie agli studi condotti da questo “Team di recupero”, sappiamo che il Grero (o Nero di Todi) è geneticamente una varietà autoctona di Grechetto a bacca nera, per questo è tranquillamente nominabile il Greco Nero di Todi.
Obiettivamente, poco si sa del passato di questo vitigno, ma grazie alla squadra di ricerca che lo ha riportato alla luce, qualcosa è emerso nel corso degli anni. Il “Nero di Todi” era un vitigno moderatamente diffuso nel comprensorio del Tudernum, soprattutto nella parte a sud del Comune di Todi (PG), e veniva chiamato con il nome “Greco Nero”. Sia i Greci che gli Etruschi, ma anche i Romani, spesso nei loro testi di viticoltura ed enologia facevano riferimento a un vino ‘nero’ del territorio Todino con caratteristiche specifiche. Negli stessi testi di Plinio il Vecchio (23-79 d.C), si sottolineava quanto il vitigno “Tudernis” di Todi fosse particolarmente presente all’epoca. La citazione ufficiale più antica è presente sull'”annuario generale per la viticoltura e l’enologia” Anno II del 1893, dove nel capitolo sui “vitigni e i vini dell’Umbria” si cita esplicitamente la varietà di “Greco Nero” coltivato a Todi.
Ma con l’appellativo ‘Greco Nero’ risultavano e risultano tutt’ora diverse altre varietà autoctone in regioni vicine all’Umbria, tra l’altro con lo spiccare del Greco Nero calabrese che vanta anche una propria IGT. Allora, come dimostrare che quella varietà Todina dalla famiglia e omonimia con questi altri vitigni in realtà goda totalmente di storia e vita propria?
L’avventura iniziata nel 2005
La risposta iniziò ad arrivare nel 2005, quando appunto fu la stessa “squadra di recupero” a iniziare l’opera di “riesumazione”, che poté partire soprattutto grazie alla determinante tenacia dell’enologo di Cantina Zazzera, Alessandro Carletto, che nel febbraio 2009, ha localizzato la pianta madre di Grero a Romazzano (una piccola frazione di Todi, non lontana dalla vigna Zazzera). Una vite di oltre 120 anni, con un tronco del diametro di 37 centimetri. Successivamente, si unì appunto anche il Professor Alberto Palliotti dell’ateneo perugino, che analizzando i documenti storici scritti tra fine ‘800 e inizi ‘900, confermò la presenza del pregiato vitigno a Todi, confermandone la genetica.
Questo vitigno era una vite maritata, cresceva cioè avvinghiandosi agli alberi, una tecnica di coltivazione ereditata dagli Etruschi che gli abitanti todini conoscono bene. Tra le caratteristiche morfologiche che lo caratterizzano, una foglia pentagonale medio-grande e grappoli di forma composta. Da quei grappoli nasce un vino dalla lunga sovramaturazione in pianta, dalle caratteristiche organolettiche ricche e intense e dedite ai lunghi affinamenti.
Gli anni di continue ricerche e sperimentazioni della grande “squadra di recupero” portarono questo vitigno ad essere iscritto nel registro nazionale delle Varietà di Vite nel 2011, con il nome di Grero, un gioco di parole tra le lettere iniziali di Greco e Nero per non permettere la confusione soprattutto con il famoso Greco Nero calabrese.
Ad oggi, la Cantina Zàzzera ne produce su proprio terreno rigorosamente collinare todino soltanto 377 bottiglie a denominazione Rosso IGP UMBRIA da vitigno che dona un vino pronto a conquistare nuovi incredibili risultati.