Un territorio unico e caratteristico
La Valpolicella, terra dell’Amarone, si estende per duecentoquaranta chilometri quadrati, delimitata a est dalla romantica città di Verona, a ovest dalla Valdadige, a nord dai Monti Lessini, a sud dal fiume Adige. Il vicino Lago di Garda si trova a quindici chilometri più a ovest. Nei secoli, la viticoltura in zona si è ampliata e specializzata soprattutto per la particolare conformazione orografica, caratterizzata da valli longitudinali da sud verso nord, dove s’infilano le calde brezze provenienti dal Lago di Garda che incontrano l’aria fresca dei Monti Lessini, creando microclimi ideali per la coltura della vite.
Amarone: un vino d’eccellenza
L’Amarone della Valpolicella Docg rappresenta nel panorama enologico mondiale uno dei rari esempi di vini rossi secchi generati da uva appassita. Non solo: è ottenuto principalmente con uve autoctone della Valpolicella. I vitigni autoctoni, esprimendo un forte legame territoriale e culturale, sono un patrimonio d’inestimabile valore, ancor inesplorato a fronte dei cambiamenti climatici.
La foto del comparto vede oltre 2400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori, con un territorio di produzione che si estende in 19 comuni della provincia di Verona, dalla Valpolicella fino alla città scaligera, e detiene il primato del vigneto urbano più grande dello Stivale: 8600 ettari di vigneto.
Cultura e tradizione: l’Opera Prima
Ogni anno, da oramai vent’anni, il consorzio Vini Valpolicella organizza un’anteprima, in questi ultimi anni chiamata Opera Prima, per segnalare l’unione tra il vino e l’opera, che a Verona ha una lunga storia con la sua Arena (peraltro il canto lirico italiano è patrimonio Unesco).
Durante il convegno che ha preceduto la degustazione sono stati trattati dei temi che erano anni che, da veronese Doc, avrei voluto sentire.
Il futuro dell’Amarone
Andrea Lonardi, vice presidente del consorzio, nonché Master of Wine ha affrontato con piglio rivoluzionario il futuro della denominazione. I tempi sono cambiati e il modello di Amarone che ha consentito ai veronesi di fare fortuna economica, va rivisto. Mi è molto chiaro come si siano spesso privilegiati la quantità e uno stile rotondo, muscoloso, spesso obnubilato da legni e da eccessiva morbidezza. Piaceva a un certo pubblico, ed è andata bene. Si è parlato di new wave, ma io che sono nata qui dico semplicemente che bisogna tornare alle origini. Quando ero piccola, l’Amarone era scarico nei colori, puntava sullo slancio e aveva una vena fresca, nonostante l’appassimento.
Lonardi ha detto a chiare lettere:
“Occorre pensare a un Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo (l’appassimento), il territorio (suolo, vitigni, clima), le persone e la comunicazione.
La sfida è chiaramente complessa, dal volume al valore, e richiede dei cambi: culturali, produttivi, legislativi e comunicativi”.
Il sottotitolo è puntare al mercato secondario, ma solo quando tutti avranno raggiunto forti valori d’identità e coerenza territoriale e stilistica (ovviamente ci sono delle aziende, punte di diamante, che hanno lavorato bene negli anni, i cui Amarone sono già dei fine wines). Si può prevedere in generale un futuro con strade differenti sia in campo (vigneti dedicati, pergola), sia in fruttaio (appassimenti più corti), sia in cantina (lavaggio delle uve, selezione ottica, tempi di affinamento, tipologia di legni e le dimensioni dei contenitori).
Annata 2019: un’esplorazione dei vini
Partecipo alle anteprime da moltissimi anni e già da un paio d’anni ho notato un cambio di marcia: alcuni produttori hanno capito che bisognava lavorare sul concetto di alleggerire anziché appesantire. Quest’anno alle degustazioni ho degustato 72 vini dell’annata 2019. Un millesimo che ha visto una primavera complessivamente fresca e piovosa, con un’estate calda e picchi di calore a fine giugno e fine luglio. Con la fine di agosto e l’inizio di settembre le medie stagionali si sono riallineate consentendo buoniescursioni termiche, utili per mantenere freschezza. Alla prova del calice abbiamo particolarmente apprezzato i due ancora giovanissimi ma con sicure prospettive Ca’ La Bionda Ravazzol e Secondo Marco, poiNovaia Corte Vaona, Accordini Stefano Acinatico, Roccolo Grassi, Terre di Leone Il Re Pazzo, Manara Corte Manara, Tenuta Villa Bellini Centenarie, Santa Sofia, Fattori Col de la Bastia, Luciano Arduini Simison, Falezze, Prà Graziano La Morandina.